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Archive for the ‘Metablog’ Category

Indefinitezza: una sfida metodologica e tematica

16 novembre 2008 Commenti disabilitati

L’indefinitezza è la tipologia, il metodo di espressione che prende forma nel laboratorio, il tema: un concetto labile, non etichetta definita. Terreno di sfida e di scommessa.

Cosa comporta una fase embrionale, laboratoriale, su un tema ampio come quello del “mediterraneo”, di difficile definizione? Esplorazione, vasto raggio dove ancora tutto è possibile, spazio vuoto, muto ed evocativo: le quattro mura teatrali spoglie, che diventano palco, luogo di gioco, terra che sorregge gli attori. La fase laboratoriale è il momento del lavoro sul corpo, della composizione e decostruzione, del gruppo, dell’incontro-scontro con il conduttore. Il laboratorio può non essere luogo di apprendimento, non può pretendere di esserlo per la brevità di durata, ma è obbligatoriamente luogo di scambio, di narrazione reciproca, di festa, dove ognuno porta il suo “dono”; è, definito antropologicamente, il “tappeto di scambio” di Eugenio Barba. Il partecipante performer, come il critico-uditore, diventa curioso di ciò che accadrà, dello scambio, della guida che conduce, del suo metodo di condurre, dell’offerta proposta. Il terreno comune è il movimento e la parola attraverso un codice, quello teatrale-performativo, ma cosa avviene dopo? Ci si propone lì, arrivando da strade diverse, apportando linguaggi differenti, ma come si parlerà? In che modo? Il conduttore del laboratorio detta le regole: i partecipanti trasformano in gioco.

Si può dunque considerare una sfida interessante quella della Biennale di quest’anno, in cui l’accento assoluto è posto proprio sulla possibile rielaborazione, sul non ancora definito sia dal punto di vista metodologico sia da quello tematico.

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Terra di mezzo: luogo del nuovo critico

11 novembre 2008 Commenti disabilitati

Nuovo ruolo, ancora sperimentale, quello del “critico”: uditore, fruitore, performer, studioso, curioso per una “critica meridiana”…

Chi è? A quale domanda risponde? Dove lo si può incasellare? Che ruolo?

In quale significato, nella Biennale Teatro, il termine “critico” può rapportarsi a qualcosa di non concluso ma ad un processo? Il termine non può qui essere considerato nella sua accezione usuale, ma raccoglie, in questo frangente, una più vasta significazione, non del tutto definibile, di osservatore attento, di curioso studente narratore: colui che spia con consapevolezza e volontà del gesto stesso.

Una ventina di giovani individui giornalmente si aggirano per Venezia e isole circostanti, taccuino alla mano, per redarre un giornale di bordo sull’esperienza complessiva dei Laboratori della Biennale Teatro; per dar risposta ad altrui o proprie domande; per indagare cosa succede in un processo creativo; per testimoniare, in seconda voce, cosa accade nella costruzione e nel pre-evento teatrale; per stare dietro le quinte, ma non da attore: in una terra di mezzo, diversa da quella su cui si trova il critico comunemente inteso, invitato al solo giudizio del prodotto concluso.

Fra i conduttori dei Labororatori c’è chi si interessa a loro, chi li coinvolge come performers, chi si rivolge loro per spiegare ulteriormente che cosa sta accadendo sulla scena come a una sorta di uditori-alunni. A volte invece, i conduttori-registi vengono tormentati da domande, altre osservati silenziosamente e da lontano.

Questa anomala tipologia di critici passa e trapassa in questa terra di mezzo da ruolo a ruolo, da luogo a luogo, ora attivo, ora passivo…

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